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martedì 23 dicembre 2014

Metamorfosi


Arrivano gli ultimi giorni di dicembre e come di consueto si procede con il classico bilancio annuale.
E’ una pratica di uso comune, una sorta di analisi degli eventi principali che hanno condizionato i nostri comportamenti, oltre a rappresentare la base da cui ripartire per il futuro.
Il 2014 è stato un anno sulla falsariga di quelli recenti: una crisi economica che continua ad avere effetti negativi sui redditi di molte famiglie, ma soprattutto un degrado sociale evidente: cresce il risentimento, il disagio, l’impoverimento culturale e fanno breccia le demagogiche prese di posizione. Questo accade in Italia come nel resto del mondo.
I modelli sono ormai in disuso e la famiglia - soprattutto in senso esteso - è sempre più disomogenea, in conseguenza di egoismi diffusi.
Difficile trovare uno scatto, una reazione dal torpore quotidiano. Difficile accettare l’ingordigia dei potenti nell’accaparrare denaro a discapito degli altri. Difficile credere in chi si offre come alternativa senza un reale cambio di passo.
Lo status quo non è accettabile e gli argini vacillano. Non quelli dei fiumi che in Italia straripano senza controllo, fotografando un Paese corrotto e violato geologicamente e socialmente dai personalismi, ma quelli della umana sopportazione.
La disobbedienza è un coerente atto di protesta, l’eversione è una pericolosa degenerazione, ma è soprattutto l’immobilismo la peggiore delle soluzioni.
Demagogia? Forse. Per di più, le feste sono ormai alle porte  e poco tempo si ha per pensare a come arginare la caduta di questo immenso meteorite. Meglio attendere ancora un po’ prima di pensare di poter fare qualcosa, nella speranza che esso cambi improvvisamente direzione e prima che il pericolo diventi realmente concreto.
D’altronde non sono Dio per evitare la collisione di un meteorite con la Terra, ma solo uno dei tanti spettatori paganti di questa pirandelliana, inautentica e non convenzionale metamorfosi teatrale   

mercoledì 10 dicembre 2014

Due splendidi soli (poesia)



Due mani
si sfiorano
Dieci dita
si intrecciano
Un'unica stretta

Le pagine
si ricoprono
di mille colori
Il tempo
cambia
smussa
e arricchisce

Due splendidi soli

Il grigio
degli anni
allieta
e modella
La malattia
spaventa
Unisce

Una mano
si allenta
mentre il volo
è radente

Un soffio
Immutato
ed eterno
Sentimento
longevo

Tutt'uno

venerdì 14 novembre 2014

Degrado o rivoluzione sociale?

Con il passare del tempo i sentimenti, le emozioni e gli istinti si trasformano e subentra la personalizzazione razionale con cui si analizzano le risposte del nostro corpo e della nostra mente agli accadimenti quotidiani, fino a diventare, però, spirito di conservazione.
In più esiste la possibilità che questo status degeneri al cospetto delle provocazioni e delle incomprensioni, quando anche le linee di principio (la tolleranza, l’altruismo e la disponibilità), basilari per tenere in equilibrio i rapporti nella società attuale, iniziano a vacillare.
In questo intreccio scivolano via le  incongruenze di tutti i gironi, in una fase controversa e intricata dove la crisi economica assoluta, la mancanza di riferimenti ideologici, la disaffezione politica e soprattutto la mancanza di benessere e lavoro stanno esacerbando gli animi.
Non c’è più tempo per attendere i cambiamenti che un Paese “vecchio” come l'Italia necessita, per sperare in un posto di lavoro che non c’è e difficilmente arriverà, per piegarsi ai diktat delle Autorità sovranazionali, per prepararsi ad altri sacrifici e per accettare l’invasione del territorio. Si, perché in molti vedono proprio la presenza degli immigrati nel nostro Paese come una minaccia per il lavoro e per la sicurezza, un po’ sulla falsariga dell’occupazione meridionale del nord negli anni del benessere economico di oltre trenta anni fa.
A Roma la risposta ad un centro di accoglienza per giovani orfani rifugiati è stata eclatante e rappresenta la fotografia di un Paese non più disponibile al dialogo ed all’accoglienza.
A Milano, dove vivo da oltre vent’anni, osservando i cambiamenti di questa metropoli multietnica noto mutazioni e distorsioni, anche se molto meno alienanti. I dormitori sono stracolmi, le code ai centri alimentari di beneficenza sono lunghissime, le case occupate continuano ad aumentare costantemente ed è palpabile lo scetticismo e la nostalgia.
In questo quadro crescono i timori di un’esplosione sociale: le manifestazioni di questi giorni innalzano la soglia di attenzione e gli scontri, i feriti e le diverse fazioni iniziano ad assumere posizioni estreme. La tensione sale e tutti sembrano aver ragione, anche se qualcuno dovrà avere pur torto in mezzo a questo prolungato diverbio sociale.
Il "distorto" spirito di conservazione sta prendendo il sopravvento e c’è chi lo cavalcherà per utilitaristici benefici di consenso. In preda alle “umoralità” l’Italia sta continuando a perdere terreno rispetto al resto dell’Occidente in termini culturali ed economici, ampliando un divario già decisamente ampio.
La deriva fobica, antipasto della repressione delle idee, è dietro l’angolo ed il disgusto ed il disprezzo sono un pericolo devastante sulla via dell’autodistruzione sociale. La libertà di espressione ed il dissenso sono dimostrazioni di democrazia, la violenza un po’ meno.  

giovedì 6 novembre 2014

Draghi & BCE: la resa dei conti

E’ stato l’uomo capace di scongiurare nel Vecchio Continente la disgregazione dell’euro e di salvare Paesi finanziariamente in difficoltà come Italia e Spagna ad un passo dal baratro, ma per alcuni non sembra bastare.
Si tratta di Mario Draghi, il più odiato dai falchi europei, la cui leadership è improvvisamente ricaduta sul banco degli imputati. Il Tribunale è il board della Banca Centrale Europea ed i giudici sono un manipolo di Governatori (dalla Germania al Lussemburgo, passando per Olanda e Lettonia) illusi dal proprio presunto blasone economico e inorriditi dalla possibilità di perdere terreno nei confronti della ripresa mondiale.
Draghi si trova a presiedere un Comitato sempre più diviso, all'interno del quale il tedesco Weidmann è riuscito ad amalgamare un certo numero di oppositori alla gestione del Governatore: vengono criticate le scelte e addirittura la reputazione ed il carisma di Draghi.
Il clima è pesante e il giorno della resa dei conti non sembra essere lontano. La situazione macro-economica in Europa è critica: la ripresa non arriva, la deflazione è dietro l’angolo, il movimento dei tassi è ormai ridotto al minimo e pochi altri strumenti sembrano garantire un'imminente uscita dal tunnel della decrescita.
Il Governatore propone un’anticonvenzionale creazione di moneta da immettere nell’economia comprando titoli sul mercato, di fatto espandendo la dimensione del bilancio della Banca Centrale, sulla falsariga di quanto visto in Usa ed in Giappone.
Gli oppositori non concordano con la proposta e vorrebbero che si agisse sui bilanci dei singoli Paesi – per coloro i quali non avessero effettuato a pieno i tagli e le riforme strutturali – e che l'azione della BCE si fermasse a quanto annunciato negli ultimi mesi e cioè all’acquisto di obbligazioni garantite e Abs, già comunque ostacolate dai falchi nordici.
L’impeachment al Governatore non passerà, ma Draghi sarà costretto a modificare le proprie posizioni ed a rinviare in avanti il QE all’europea.

Intanto la BCE, dopo la riunione odierna, continuerà con le operazioni in atto - apparentemente all'unanimità - e lo farà ancora per molto tempo, almeno fino a che  i tecnici continueranno a fornire previsioni negative: quelle di un sostanziale regresso economico (crescita zero e bassa inflazione perdurante) che coinvolge ormai anche i Paesi guida e che contribuisce ad ampliare il divario con il resto dell’economia mondiale in ripresa. 

Tutti questi controsensi sono purtroppo il prezzo da pagare di fronte alle disomogeneità europee, acuite da egocentrici personalismi, da invidie di Paese (un controsenso per un tedesco accettare le linee di azione da un Presidente italiano!) e dall’assenza di leader politici europei lungimiranti, incapaci di arginare gli euroscetticismi populistici (di piazza) e tecnici (di establishment).
In mezzo a tanta inettitudine il depotenziato Super-Mario prova a giocare la sua ultima partita, supportato dalla capacità di saper “contare” le carte a dispetto di un esoso nugolo di bari.

venerdì 31 ottobre 2014

Renzi e il PD: dal tramonto all'alba (o viceversa)

In Italia pochi lo sopportano, all’estero qualcuno lo apprezza, nel suo partito quasi tutti lo temono. E’ Matteo Renzi, attualmente il personaggio più controverso del panorama politico nostrano.
Partiamo dal suo partito. Il PD sta attraversando una trasformazione complessa ed obbligata dopo gli insuccessi degli ultimi anni e la scalata dell’ex sindaco di Firenze ha cambiato gli equilibri interni. La vecchia nomenklatura si arrocca intorno ai nomi di Bersani e D’Alema, mentre la componente più giovane si avvicina sempre di più alla linea renziana pur avendo trascorso esperienze precedenti al fianco della dirigenza storica.
Opportunismo o no è un segno dei cambiamenti, di un ringiovanimento ed di una commercializzazione differente del prodotto politico in stile marketing pubblicitario. L’apparire è diventato più importante del fare e questo è evidente nella comunicazione del suo leader, con slogan e promesse che ricordano il populismo berlusconiano.
La sinistra in passato non è mai riuscita a decifrare l’algoritmo del successo del (ex) Cavaliere, proponendo leader di spessore e di cultura raffinata ma spesso distanti dalle richieste popolari, oggi Renzi, invece, risponde ai canoni di una platea piatta e priva di alcun sussulto ideologico.
Tuttavia, la lotta interna al PD non porterà a nessuna scissione proprio in conseguenza di quanto appena scritto: non gioverebbe alla “vecchia” dirigenza, alla ricerca di un nuovo leader vicino all’essenza di partito, e consentirebbe al Presidente del Consiglio di liberarsi di zavorre che però oggi sono certezza di voti.
L’altra parte del mondo politico italiano certamente non lo acclama con il centro-destra che da un verso lo appoggia e dall’altro finge di fare opposizione e con il M5S che ormai teme la sua ascesa. Sia ben chiaro, si tratta di un timore collegato all’indiretta incapacità del Movimento di attrarre consensi presso la gente, quella che oggi sembra più interessata a promesse (gli 80 euro in busta paga o il bonus alle neo-mamme) che al “tutti a casa” sbandierato due anni fa e lontano dalla sua pur minima realizzazione.

All’estero, invece, Renzi gode di qualche favore e ciò in considerazione del suo "doppiogiochismo": da una parte la volontà di ricostruire l’Europa con i leader di Paesi una volta di primo piano ed oggi economicamente malmessi (Francia e Spagna) contro il potere germanico di palazzo e dall’altra l’appiattimento sulle richieste dell’UE in materia economica per non perdere il credito e l’aiuto della Banca Centrale Europea e degli altri interlocutori annessi.
In definitiva, l’attuale status quo politico interno - che a volte rasenta l’apatia - non lascia prevedere grandi scossoni, ma la concreta probabilità di assistere ad una lunga parentesi renziana, che si autoalimenterà con il tempo grazie ad ingranaggi sempre più oleati e senza l’obiettiva possibilità di discontinuità.
Pertanto nessun sussulto all'orizzonte: gli scontri sindacali, la lotta operaia e l’inizio degli "autunni caldi" di protesta non sono più di questa epoca, d’altronde le fabbriche in Italia sono ormai quasi tutte chiuse.

martedì 7 ottobre 2014

Economia & Mercati: volatilità di fine anno

Con l'inizio dell’ultimo trimestre dell’anno accresce la probabilità di poter assistere sui mercati finanziari a giornate e settimane di alta volatilità.

I timori sono molteplici e variegati. A breve avrà inizio la stagione degli utili in America e a fine settembre in Europa con attese in calo rispetto al primo semestre, la diffusione dell’Ebola comincia ad essere un fenomeno a cui bisogna dare la giusta attenzione - proporzionalmente  alla sua entità ed alla capacità di controllo e valutazione – ed i fattori geo-politici iniziano ad essere numericamente importanti oltre che potenzialmente dannosi.

Le proteste ad Hong Kong, l’Iraq, la Siria e l’Ucraina rappresentano incognite non di scarso rilievo e mixate con la debolezza economica, proprio nelle suddette aree, potrebbero determinare criticità non trascurabili. Se la Cina è in affanno, l’Europa non ride ed anche gli Stati Uniti iniziano a perdere vigore.

Se nel caso del Vecchio Continente lo scetticismo è più legato al dibattito sull’austerity ed ai suoi deludenti effetti che al panorama puramente finanziario, l’America vive esattamente la situazione opposta: l’economia registra continui miglioramenti, ma un passaggio troppo rapido verso una politica monetaria meno accomodante sembra poter rappresentare un’occasione di vendita, considerando che il mercato statunitense galleggia da mesi sui massimi storici e quindi appare logoro e stanco.

Si tratta di problemi gestibili senza affanno?

La situazione in Ucraina sembra più distesa, ad Hong Kong il Governo cinese utilizzerà la strategia dell’attesa e l’Isis con la sua politica autolesionista sta contribuendo a rendere più omogenei e cooperanti tutti i suoi antagonisti a livello planetario.

In materia economica, la Cina non vivrà una fase di “hard lending” grazie alle riforme che daranno rinnovata forza all’intera area ancora per un po’, l’Europa continuerà a discutere sulla possibilità di dare più tempo ai Paesi in difficoltà (Italia e Francia su tutte) e la politica accomodante della BCE, criticata apertamente dai tedeschi ma apprezzata sottobanco grazie al conseguente indebolimento della valuta capace di dare all’export germanico lo slancio perso da tempo, garantirà stabilità e tenuta ai mercati locali.

Nonostante la portata negativa di tutti questi elementi possa essere inferiore rispetto alle previsioni più pessimistiche, rimane comunque la certezza di essere prossimi ad una fase di stanca governata dalla volatilità: di medio periodo e di media incisività, capace di trasformarsi in fragilità in una breve fase di mercato.

Pochi timori, ma grandi difficoltà per i "ricercatori" di (alti) rendimenti.


lunedì 29 settembre 2014

"Jobs Act": un Paese malato alla ricerca di una cura.

La riforma del lavoro è un argomento delicato su cui Renzi si gioca la sua credibilità e forse anche la tenuta del suo esecutivo.

Per ciò che riguarda il primo aspetto e cioè la credibilità bisogna sottolineare lo scetticismo che si respira intorno al Premier, che non sembra poter più contare sull’apporto degli sponsor che all’inizio dell’avventura sostenevano il suo operato: una parte non rilevante del suo partito tenta di disarcionarlo ed il feeling creato con l’Ncd e Berlusconi è più una necessità nel primo caso ed una tattica nel secondo.

Ciò determina un isolamento a cui Renzi risponde con propaganda e poca sostanza. In Italia la dietrologia è tanta e la pazienza è poca. Pertanto, è opportuno che alle parole faccia seguire presto i fatti, prima che questa di Renzi diventi la parentesi più dolorosa della sua carriera politica.

Il suo esecutivo rischia infatti di implodere sotto i colpi di sindacati e dell’opinione pubblica. Ma che cosa prevede il “Jobs Act” su cui il Governo sta lavorando? Il punto più critico riguarda il “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti” e cioè la non applicazione dell'articolo 18 (normative in caso di licenziamento illegittimo) per i soli primi tre anni di assunzione (una sorta di apprendistato allargato a tutti) che poco piace ai sindacati ed ancora meno agli alleati di centro-destra (che vorrebbero invece vederlo totalmente abolito).

Su questo si concentrerà lo scontro, mentre nel resto del documento ci sono altri argomenti condivisibili e di grande tutela per i lavoratori, ma poco discussi: il governo vuole estendere a tutte le lavoratrici, indipendentemente dal contratto di lavoro, la tutela per la maternità (in Italia oggi una donna è di fatto impossibilitata ad avere un figlio fino a quando non conquista la qualifica di lavoratrice a “tempo indeterminato”), allineare gli ammortizzatori sociali a livello europeo con tutele uguali per tutti, istituire un'Agenzia nazionale per l'impiego razionalizzando gli enti e semplificando tutte le procedure e gli adempimenti in materia di lavoro.

Tuttavia, l’articolo 18 suscita comprensibilmente più interesse degli altri temi, riguardando un numero più esteso di lavoratori. Peraltro la questione della "flessibilità" del lavoro sembra mal posta. Infatti, l’anomalia italiana non risiede nella rigida applicazione del “reintegro”, visto che esso non è escluso in molti Paesi dell’UE (Austria, Germania e Olanda) e soprattutto perchè esso si applica sulla base di un principio sancito dalla Carta sociale europea (in cui si parla di risarcimento per ingiusto licenziamento attraverso “un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione”), condizionatamente al parere di un “giudice”.

Ciò che, invece, rappresenta il nodo e ci distingue dal resto d’Europa, secondo un’indagine dell’Ocse, è l’eccessiva burocrazia e la durata del procedimento in questione: due anni contro i pochi mesi necessari in Germania. E’ sulla certezza delle normative e sul rispetto degli iter e dei tempi che si deve lavorare per consentire ad aziende e lavoratori di trovare una soluzione condivisa.

Il “Jobs Act” sembra poter andare in questa direzione, se si guardassero a fondo tutti i temi trattati nel documento, ma per fare ciò è necessario che la discussione non si fermi al mero baluardo dell’articolo 18 (e agli indennizzi annessi), perché un pugno di ferro lungo e logorante non è di utilità ad alcuno, meno ad un Paese piegato dalla burocrazia in cui il lavoro, quello vero, continua pericolosamente a latitare.
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venerdì 26 settembre 2014

Calcio & Cultura: linguaggio e letteratura

Il calcio non è mai banale. C'è chi addirittura ne ha analizzato i suoi aspetti più reconditi ed i suoi collegamenti con il linguaggio. Un parere in bianco e nero non di poco conto!

"Il calcio è l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l'unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro".

In dettaglio il calcio viene analizzato come sistema di segni e quindi come linguaggio, quello usato come termine di confronto, ossia il linguaggio scritto-parlato.

"Le parole del linguaggio del calcio si formano esattamente come le parole del linguaggio scritto-parlato. Ora, come si formano queste ultime? Esse si formano attraverso la cosiddetta "doppia articolazione" ossia attraverso le infinite combinazioni dei "fonemi": che sono, in italiano, le 21 lettere dell'alfabeto.  I "fonemi" sono dunque le "unità minime" della lingua scritto-parlata".

Addentriamoci nella metrica e nell'unità della lingua del calcio: "un uomo che usa i piedi per calciare un pallone è tale unità minima: tale "podema" (se vogliamo continuare a divertirci). Le infinite possibilità di combinazione dei "podemi" formano le "parole calcistiche": e l'insieme delle "parole calcistiche" forma un discorso, regolato da vere e proprie norme sintattiche.  I "podemi" sono ventidue (circa, dunque, come i fonemi): le "parole calcistiche" sono potenzialmente infinite, perché infinite sono le possibilità di combinazione dei "podemi" (ossia, in pratica, dei passaggi del pallone tra giocatore e giocatore); la sintassi si esprime nella "partita", che è un vero e proprio discorso drammatico". 

Il calcio poi diventa codice: "i cifratori di questo linguaggio sono i giocatori, noi, sugli spalti, siamo i decifratori: in comune dunque possediamo un codice.  Chi non conosce il codice del calcio non capisce il "significato" delle sue parole (i passaggi) né il senso del suo discorso (un insieme di passaggi)".

E poi spazio ai sottocodici che permettono al calcio di passare da strumentale ad espressivo: la prosa e la poesia. Eccone alcuni esempi: "Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un "prosatore realista"; Riva gioca un calcio in poesia: egli è un "poeta realista". Corso gioca un calcio in poesia, ma non è un "poeta realista": è un poeta un po' maudit, extravagante. Rivera gioca un calcio in prosa: ma la sua è una prosa poetica, da "elzeviro". Anche Mazzola è un elzevirista, che potrebbe scrivere sul "Corriere della Sera": ma è più poeta di Rivera; ogni tanto egli interrompe la prosa, e inventa lì per lì due versi folgoranti".  

La differenza tra prosa e poesia non non risiede nel valore, ma è una pura distinzione tecnica. In più "fra tutti i linguaggi che si parlano in un Paese, anche i più gergali e ostici, c'è un terreno comune: che è la "cultura" di quel Paese: la sua attualità storica. Così, proprio per ragioni di cultura e di storia, il calcio di alcuni popoli è fondamentalmente in prosa: prosa realistica o prosa estetizzante (quest'ultimo è il caso dell'Italia): mentre il calcio di altri popoli è fondamentalmente in poesia". 

Arriviamo all'essenza del calcio ed ai suoi momenti topici e poetici: in primis il goal. "Ogni goal è sempre un'invenzione, è sempre una sovversione del codice: ogni goal è ineluttabilità, folgorazione, stupore, irreversibilità. Proprio come la parola poetica. Il capocannoniere di un campionato è sempre il miglior poeta dell'anno".

In secondo luogo c'è il "dribbling": "il sogno di ogni giocatore (condiviso da ogni spettatore) è partire da metà campo, dribblare tutti e segnare. Se, entro i limiti consentiti, si può immaginare nel calcio una cosa sublime, è proprio questa. Ma non succede (quasi) mai".

"Chi sono i migliori "dribblatori" del mondo e i migliori facitori di goals? I brasiliani. Dunque il loro calcio è un calcio di poesia: ed esso è infatti tutto impostato sul dribbling e sul goal". 

Esistono tre tipologie di schema di gioco che non possono prescindere dalla qualità degli interpreti. 

Il catenaccio e la triangolazione, basato sulla sintassi, sul gioco collettivo e organizzato e quindi sull'esecuzione ragionata del codice. Il suo solo momento poetico è il contropiede, con l'annesso "goal" (che, come abbiamo visto, non può che essere poetico). Insomma, il momento poetico del calcio sembra essere (come sempre) il momento individualistico (dribbling e goal; o passaggio ispirato)".

Il calcio in prosa (tipico del calcio europeo) basato sulla finalizzazione o "conclusione", possibilmente di un "poeta realistico" come Riva, ma deve derivare da una organizzazione di gioco collettivo, fondato da una serie di passaggi "geometrici" eseguiti secondo le regole del codice".

Il calcio in poesia (tipico del calcio latino-americano), basato sul "dribbling" costante ed estenuante (cosa che in Europa è snobbata in nome della "prosa collettiva") e con la ricerca del goal per "invenzione" da qualunque posizione.

"Se "dribbling" e "goal" sono i momenti individualistici-poetici del calcio, ecco quindi che il calcio brasiliano è un calcio di poesia. Senza far distinzione di valore, ma in senso puramente tecnico, in Messico [Olimpiadi 1968] è stata la prosa estetizzante italiana a essere battuta dalla poesia brasiliana".


Tratto e rivisto da "Saggi sulla letteratura e sull'arte" di Pier Paolo Pasolini

mercoledì 17 settembre 2014

Il primo giorno di scuola


Dopo mesi trascorsi ad osservare l'ampio giardino, rigoglioso ma desolato, e l’asfalto sciogliersi sotto il sole, appena fuori dalla finestra vedo capannelli di persone nei pressi dell’ingresso. C’è il sole, l’estate è ormai alle spalle e l’aria è pungente di prima mattina.

Anche se distanti riesco a percepire le loro conversazioni e le emozioni contrastanti. I piccoli occupano il marciapiede con i loro ingombranti zainetti dipinti di colori sgargianti e di immagini di fumetti e cartoni animati. Negli ultimi quarant’anni ho visto di tutto: bimbi con grembiuli e fiocchi, vestiti eleganti come nel giorno di festa, cartelle rigide e zainetti di ogni dimensione.

Ciò che invece rimane immutata è la tensione dipinta sul volto dei piccoli scolari, stanchi di ascoltare i consigli di genitori apprensivi o di sottostare a carezze ed abbracci troppo appiccicosi. Non vedono l’ora che la campanella suoni e che la nuova avventura inizi. Hanno atteso questo "primo giorno" nelle noiose mattine di settembre, ma niente pare coincidere con i loro sogni: la scuola è diversa rispetto a quanto immaginato, le maestre sono tese, le mani che stringono le loro sono sudate e forse troppo strette ed i riferimenti di amicizia iniziano a venire meno uno dopo l’altro.

Si, perché la formazione delle classi lascia tutti scontenti e costringe i bimbi e soprattutto i genitori ad immaginare nuove “alleanze” e nuove “amicizie”. Tuttavia, la scuola è magica e trasforma tutte le indecisioni e le paure in energia positiva. Le lacrime ed il batticuore si trasformano in coraggio e orgoglio e dopo i discorsi di routine il portone si chiude, lasciando le mamme e i papà soli con le loro emozioni ed i bimbi imprigionati in mille innocenti apprensioni.

Osservo dall’alto le confessioni di adulti preoccupati e qualche lacrimuccia scendere, il che contribuisce a sciogliere definitivamente la tensione accumulata. Per non pensare ai propri figli parlano di libri, penne e altro materiale didattico: c’è chi ha girato l’intera città per acquistare la copertina giusta, chi invece, ai margini, si vergogna di non possedere uno di quegli astucci magici a quattro scomparti e chi mostra con orgoglio l’etichettatura computerizzata di pennarelli e matite.

Distratto dal rumore proveniente dai corridoi abbandono gli adulti e mi concentro sull’aula: i bimbi sono entrati in ordine e appaiono spaesati. Ascoltano le parole delle maestre che spiegano il programma della mattinata, ma sono tutti rapiti da me. Non hanno mai visto una lavagna così enorme.

Adesso incrocio il loro sguardo e vedo quella luce che solitamente appare nei primi giorni di settembre: presto impareranno a leggere ed a scrivere su questa parete enorme che ha registrato ed immagazzinato avventure di ogni tipo ed emozioni di diverse generazioni.

Il sorriso stampato su quelle buffe faccine è il loro benvenuto, il cancelletto che cade improvvisamente è la mia implicita risposta. Le risate riempiono la stanza, che lo spettacolo abbia inizio.

venerdì 12 settembre 2014

Calcio - 2° giornata - analisi e previsioni


Mi hanno chiesto di esprimere un’opinione sulla serie A e sulla seconda giornata di campionato. Che dire?

La sfida a distanza Roma-Torino di sabato sembra poter nascondere più insidie per i campioni in carica che per i giallorossi, pur potendo contare sul fattore campo: l'Empoli è più abbordabile per la Roma che l'Udinese per la Juve soprattutto se si pensa a quel Juve-Inter di due anni fa quando Stramaccioni, che oggi siede sulla panchina friulana, violò lo Juventus Stadium con tanto di squadra spregiudicata.

L'Udinese non è l'Inter dell'epoca (poi crollata nella seconda parte del campionato) ma neanche la Juve è la schiacciasassi di mister Conte, il cui fantasma aleggerà su Vinovo ogni qual volta si pareggerà o perderà una partita.

Tra le seconde linee? La Samp tutta temperamento se la vedrà con l'ostico Toro dell'ariete Amauri, il Cagliari proverà a mostrare al pubblico quello che non si è visto alla prima e cioè lo spettacolo zemaniano e l'Atalanta priva di Bonaventura potrebbe essere la vittima sacrificale.

La Lazio, alla ricerca di rivalsa dopo la figuraccia di Milano con una difesa più che ballerina, ha tutto per portare a casa i primi tre punti e ciò servirebbe soprattutto al Presidente Lotito, alla disperata necessità di accattivarsi le simpatie del pubblico, ed in attesa di toccare con mano i "frutti di Palazzo", come logica conseguenza di tanto girovagare.

La Fiorentina dovrà testare nervi (dopo l'ennesimo infortunio di Rossi) e testa (nello scontento Cuadrado) contro il Genoa, pronto a stupire con Pinilla, Lestienne e soci. Il Chievo visto due settimane fa non sembra preoccupare il Napoli, seppur reduce da una settimana incandescente arricchita dalle scaramucce tra presidente e allenatore: Benitez il prossimo anno (o forse anche prima) non siederà più sulla panchina azzurra, ma le vittorie possono rappresentare la migliore medicina per due amanti feriti (e traditi).

Se il Verona chiuderà la seconda giornata lunedì con il Palermo senza particolari speranze di spettacoli pirotecnici, domenica pomeriggio l'Inter proverà a vincere e convincere contro il Sassuolo. Occhio però alla coppia irriverente Berardi-Zaza pronta ad infilare una difesa pericolosamente lenta. San Siro aspetta (e spera) e potrebbe farlo con il ritrovato inno 'Pazza Inter' che promette un'annata piena di colpi di scena.

Seguirà il Milan che a Parma dirà se è solo banale organizzazione, contropiede e gol oppure se a Torres si riuscirà ad arrivare con logica, costruzione e verticalizzazioni.

Al di là dei risultati delle sfide della seconda giornata, le prestazioni della nuova Italia sembrano poter essere di stimolo all’intero movimento calcistico: aggressività, gioventù e spettacolo. È quello che gli allenatori delle squadre di serie A saranno costretti a replicare per non rimanere schiacciati dall’immagine vincente di Antonio Conte, un termine di paragone ingombrante e soprattutto difficile da emulare.

mercoledì 10 settembre 2014

Rassegna stampa (semiseria)


Sulle pagine dei giornali e sui principali siti internet, le notizie pubblicate hanno il compito di informare e soprattutto far riflettere i lettori, ma è giusto farlo senza un sorriso e senza un pizzico di ironia?
Questione Ferrari - Marchionne silura Montezemolo: il manager abruzzese avrà carta bianca per svendere anche questo pezzo di Italia, mentre il figlioccio dell’avvocato riuscirà a trovare con la sua maxi-liquidazione un’altra sistemazione in qualche vacillante big nazionale (Alitalia?). Di tutto questo festeggiano gli Elkann: un figlio in meno da mantenere.
Iniziano le scuole ed i genitori sono nel panico: mancano gli insegnanti di ruolo, i precari garantiscono instabilità, le strutture sono fatiscenti e da un sondaggio la tipologia di professore preferito da mamme e papà è quello che “fa sognare” in stile John Keating (interpretato dall’eterno Robin Williams) dell’"Attimo fuggente". In assenza della carta igienica nei bagni scolastici è giusto sognare un po’.
Presentati i nuovi iPhone e l’Apple Watch: come al solito bellissimi, funzionali e cari come il fuoco. Ma ciò che piace al mondo tech è l’ironia che sui social network soffia in direzione di Cupertino. Persino l’Ikea ha deciso di prendere in giro la Apple registrando un clip con i vantaggi di avere un catalogo cartaceo rispetto ad uno tecnologico: si sfoglia facilmente, si possono segnare le pagine preferite con dei post-it e soprattutto non si rompe se cade.
Il Governo è sempre a caccia di soldi per tappare l’enorme debito e in rampa di lancio ci sono sempre i tagli alla spesa pubblica e le riforme. Renzi dice che metterà un tetto alla Tasi, ma se poi le tasse si moltiplicano e la gente è costretta a venderla? Metterà un tetto anche alle insolvenze?
L’Italia di Conte parte a razzo: giocatori che corrono, lottano e vincono. Erano anni che non si vedevano gli azzurri in queste condizioni. Il segreto sta nell’aggressività del mister: sempre pronto a strigliare e ad azzannare chi entra in campo. In caso di una futura convocazione di Balotelli, la Puma è pronta a fornire una maglietta già sudata per stare al pari con i compagni di squadra.
Secondo la Confcommercio i redditi medi degli italiani sono uguali a quelli di 30 anni fa (17.400 euro circa), quando una casa di normali dimensioni costava l’equivalente di 50.000 euro. Oggi con questa cifra non compri neppure un garage doppio.
Improvviso stop alle docce gelate di beneficienza. Mica sono scemi, la temperatura è scesa e l’autunno è ormai alle porte. 

giovedì 28 agosto 2014

Stress da rientro? Meglio una doccia gelata!

Il rientro dalle vacanze è quasi sempre soft, per l’approccio con cui si ritorna al lavoro, per gli atteggiamenti meno isterici e per una sorta di maggiore disponibilità a metabolizzare i comportamenti altrui con più indulgenza.
Trascorsa una settimana tutto torna ad essere come prima e la magia svanisce. Anche perchè, pensandoci bene, negli ultimi trenta giorni nulla pare essere cambiato...in meglio.
In tre zone ben distinte del mondo si continua a combattere per mere questioni religiose con tregue temporanee o di lungo termine poco sostenibili, tanti bimbi hanno perso la vita, molti la perderanno dopo il reclutamento da parte dei jihadisti ed altri si salveranno a fatica dai continui viaggi della speranza su barconi improbabili, l’economia va male, i mercati finanziari salgono perché drogati dalle Banche Centrali che prima o poi cesseranno di utilizzare “armi non convenzionali” e il lavoro continua a mancare in molte famiglie.
Catastrofismo? No, perché non si tratta di peggioramenti ma solo di uno status quo che l’estate è riuscita a rimuovere dai nostri pensieri solo temporaneamente.
Per distrarsi da tutto questo basta postare su Facebook, Instagram o Twitter i “selfie” (una volta si chiamavano autoscatti, ma bisogna adeguarsi alle mode!) con facce sorridenti e abbronzate in giro per il mondo – i ladri ringraziano, visto che impiegano pochi istanti a capire quale case svaligiare – e registrare docce gelate.
Proprio quest’ultimo e cioè l'ICE Bucket Challenge è diventato il tormentone dell’estate e di ciò Stefano Borgonovo probabilmente non sarebbe stato contento. Parlo di un grande uomo, affetto da SLA e morto circa un anno fa: ha lottato contro la “stronza” – così definiva la malattia – e sembrava fosse riuscito a sensibilizzare il mondo dello sport (del calcio soprattutto) con tutte le iniziative che lo coinvolgevano, nonostante fosse imprigionato su una sedia a rotelle e in un letto.
Probabilmente non era così visto che molte delle persone che hanno iniziato a rovesciarsi addosso acqua fredda per gioco non conoscevano – e forse non conoscono ancora – le origini, gli sviluppi e le conseguenze della SLA.
Non è semplice "alleggerire" un argomento tanto delicato con il sorriso, ma l'estate è anche capace di questo. Volendo, invece, guardarla da un altro lato, è una fortuna che oggi se ne parli, ma basta con tanto stupido protagonismo.
D’altronde perchè stupirsi, siamo nell’era delle apparenze, dove privato e pubblico si fondono in un tutt'uno in attesa che la dissolvenza porti via la vanità, in una sorta di virtuale "falò savonaroliano".  

martedì 29 luglio 2014

Quanto costa una banana a Roma?

La corsa per la poltrona federale della FIGC che si concluderà a Roma l'11 agosto appare di giorno in giorno sempre più paradossale.

Fino a qualche settimana fa il “nuovo” era rappresentato dal settantenne Carlo Tavecchio, nel giro del mondo del calcio dal 1975 con ruoli dirigenziali in Federcalcio dal 1987 fino ad oggi, in considerazione del suo carattere fermo e deciso e soprattutto della sua esperienza nelle serie minori dilettantistiche, che hanno rappresentato negli ultimi anni un bacino di sperimentazione ed innovazione (dai campi sintetici alle sponsorizzazioni, fino alla rivalutazione dei vivai per calciatori e allenatori).

Il “vecchio”, invece, era raffigurato dal quarantatreenne Demetrio Albertini, giocatore di calcio fino al 2005 e dirigente in Federazione nel post-Calciopoli come vice-presidente, incapace di dare un cambio di rotta alla fallimentare gestione Abete, rinviando lo snellimento della struttura dirigenziale e fallendo con la ripianificazione del progetto “Nazionale” con gli insuccessi acclarati delle squadre maggiori e minori nelle competizioni internazionali, senza dimenticare l'irrisolta questione “sicurezza negli stadi” e gli altri aspetti sociali connessi.

In considerazione di questa anagrafica (e non solo) inversione di ruoli e andando alla conta dei voti, l'elezione di Tavecchio sembrava quasi scontata, potendo contare sull'appoggio delle serie minori e di molti club di serie A, fino al famoso scivolone sulla buccia di "banana” di qualche giorno fa. Frasi razziste o no, è chiaro lo spirito che si respira in Federazione: scarsa serietà e poca integrità morale.

Non è fondamentale conoscere il nome del vincitore per sapere cosa diranno i tifosi dopo i primi insulti razzisti provenienti dalle curve a loro discolpa: “se lo fa il Presidente della Federazione perché non possiamo farlo noi”!

Come dice il “nuovo vecchio”, è stata solo una battuta “infelice” e poco importa se le revisioni su tutti i campi sintetici in Lega Dilettanti siano stati eseguiti da un’azienda “amica” di Tavecchio o se le cinque condanne per falsi titoli di credito, evasione fiscale e abuso d’ufficio siano una dimostrazione di scarsa “sobrietà”, perché il calcio in Italia non riuscirà a cambiarlo neppure un ex-calciatore ambizioso incapace di trovare il sostegno dei suoi ex-amici dirigenti.  

Il calcio è un business troppo grande per pensare di poterlo riformare con una semplice elezione, anche perchè nel migliore dei casi le urne riusciranno a far nascere solo una controversa “Repubblica delle Banane”.    

venerdì 25 luglio 2014

Alla ricerca della felicità


E’ notte fonda e fa molto freddo, io non lo avverto ma lo intuisco dai movimenti di mia mamma: continua a tremare come una foglia nonostante sia estate, infreddolita dalla brezza marina. In più, da diverse ore siamo sballottati su questa specie di barca, la stanchezza è tanta e Lei è tanto preoccupata per Me.

Vorrei poterla rassicurare, ma non riesco. Mio padre non è qui con noi, ma ci aspetta a riva o almeno è quello che continua a ripetere la mamma. Per non fare caso a questo fastidioso dondolio cerca di parlare con me, di pensare ai nonni ormai lontani mille miglia e di immaginare la sua nuova vita.

Il mare è sempre più grosso ed inizia a piovere con forza. Ci aiutano dei signori che parlano una lingua sconosciuta: sollevano un telone spesso e coprono quasi completamente un lato della barca in cui si stringono donne e bambini. I modi non sono certamente gentili, ma probabilmente godiamo di qualche privilegio visto che a noi riservano il posto migliore.

Questo tranquillizza la mamma, impaurita ad ogni movimento scomposto dell’imbarcazione e ad ogni spintone che giunge dal gruppo ammassato accanto a noi. Ci consigliano di dormire perché ci vorrà del tempo prima di arrivare, ma solo qualche bimbo cede alla stanchezza chiudendo gli occhi e poggiando il capo a terra.

Quando mi accorgo delle sue lacrime provo a darle conforto, in qualche modo, con la mia "presenza" e Lei lo comprende all'istante. Non smette di piangere, ma sento che la sua paura si sta trasformando lentamente in speranza. Non è sola, ha me e questo adesso le basta. E’ più tranquilla e sente il bisogno di rilassare il suo stanco e appesantito corpo, gli occhi si socchiudono.

I sogni si confondono con la realtà e una luce da lontano squarcia il buio della notte: una sirena emette un suono assordante e all’interno del barcone inizia lo scompiglio.

Gli stranieri dalla lingua incomprensibile gettano qualcosa in mare e scappano verso la prua, mentre le donne rimangono immobili su indicazione degli uomini presenti a bordo, che ormai continuano a sbracciarsi in direzione del faro luminoso. Dura poco più di cinque minuti la frazione di tempo dal "risveglio" all’attracco.

La mamma ascolta la voce dei signori col megafono e qualcosa le pare familiare: è la lingua che papà aveva provato a comprendere in televisione nei mesi scorsi ripetendo frasi di continuo in "italiano" con amici e parenti. Tutti si muovono, tranne Lei: pensa ai brutti momenti trascorsi mesi fa all’annuncio della scomparsa di sua sorella e del mio cuginetto in condizioni analoghe alle nostre e questo basta per bloccare qualunque suo muscolo e ogni tipo di intenzione.

Dopo qualche istante ed un giramento di testa Lei comprende la necessità di dover riuscire a comunicare a qualcuno la sua preoccupazione, ma riacquista presto le forze ed attende in fila con inspiegabile calma.

Mi stringe forte a sé avviandosi lentamente verso la Terra ferma. Arrivata sulla spiaggia si china stremata, ma felice di poter osservare il sole sorgere all’orizzonte del nuovo mondo. Si guarda intorno nella speranza di vedere il volto di papà, ma è un movimento incondizionato che non riceverà risposta.

Mi accorgo di essere ormai pronto e di voler abbracciare la mia mamma: ho bisogno di Lei e Lei di Me. Spingo forte e aspetto che il resto venga da sé.

Sono nato all’alba di una fredda mattina di luglio, molti sostengono in Terra straniera. Contrariamente a molti miei "fratelli" sono riuscito a conoscere dal vivo questo Paese e già ne sono innamorato.

Ho un solo desiderio: che questo Amore possa essere presto ricambiato.

venerdì 18 luglio 2014

Usa: si scaldano gli animi all'interno della Federal Reserve


Dal giorno del suo insediamento Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, per la prima volta non ha infiammato i mercati finanziari, in cerca di rassicurazioni sulla crescita o sul mantenimento degli stimoli, in entrambi i casi combustibile atto ad alimentare il trend di crescita delle azioni.

Tuttavia, le avvisaglie di un cambiamento imminente appaiono evidenti. In primo luogo, il falco repubblicano Fisher, presidente della Fed di Dallas, ha prospettato un primo rialzo dei tassi americani già nel primo trimestre del 2015 ed ha evidenziato perplessità sulle valutazioni azionarie, care a suo dire.

Quest’ultimo giudizio sembra essere avvalorato da una parte dalla decrescente corsa agli acquisti in borsa dell’ultimo periodo e dalla scarsa operatività in acquisto da parte di “cassettisti” e investitori di lungo termine come Buffett e Icahn e smentito, invece, dal buon inizio della cosidetta "earning season" che sembra garantire bilanci migliori delle attese e prospettive confermate per gli ultimi trimestri dell'anno.

Come rispondere allo scetticismo dei big della finanza e alle posizioni contrarie dei falchi? Le colombe hanno prontamente reagito prendendo tempo e prefigurando per l’economia statunitense una fase ancora di debolezza con disoccupazione ancora precaria e un Pil in crescita nel 2014 ad un passo decisamente inferiore rispetto alle stime indicate a fine 2013, che consetirà alla Fed di poter alzare il piede dall'acceleratore monetario senza fretta.    

Quale posizione prevarrà? A deciderlo saranno i dati sui posti di lavoro creati nei prossimi mesi e soprattutto l’andamento dell’inflazione: basterebbe anche un solo mese di marginale rallentamento di quest'ultima per consentire alla Yellen ed alle colombe di allontanare lo spettro di un pronto aumento dei tassi.   Rimane, comunque, necessario per entrambi gli antagonisti della Fed assistere ad una normalizzazione sia della crescita che dei prezzi per evitare di dover poi agire a strappi e accrescere la frattura che ormai separa falchi e colombe.

In tale contesto i mercati prendono fiato: le questioni geopolitiche (Israele-Palestina e Russia-Ucraina) e la lenta ripresa economica in Europa alimentano le prese di beneficio, che non sembrano poter minare, però, il trend positivo degli indici azionari.

Indipendentemente dagli elementi esogeni, le "bolle finanziarie" sono una minaccia non trascurabile di fronte all’instabilità economica ed all’incertezza monetaria, ma gli operatori sembrano aver scoperto la ricetta giusta per consentire al mercato solo brevi pause e poco altro: la "rotazione settoriale" che ha interessato, in salita e in discesa, prima i segmenti solidi come pharma e utilities, poi il tech e il biotech per poi ritornare su ambiti legati alla salda e certa “old economy”.

Da qui a fine anno, quindi, ci attenderanno pause e leggere accelerazioni che porteranno l’S&P americano poco sopra i 2000 punti (con un rialzo di 5% circa dagli attuali valori) prima che l’innalzamento dei tassi, in un mese "imprecisato"del 2015, darà l’occasione a molti di vendere azioni e sancire la prima vera correzione in quello che da molti è stato definito come un “bull market” di lungo periodo.