La speranza è che i partiti euroscettici ottengano molti voti, quasi la maggioranza del Parlamento Europeo!
Sembra un controsenso per chi considera la deriva anti-euro come un problema rilevante per l’esistenza dell’Unione e la tenuta finanziaria del sistema europeo, ma così non pare essere.
La probabile affermazione dei partiti populisti estremi – dall’inglese Ukip di Farange ai neonazisti ungheresi di Jobbik, dal FPO austriaco fondato da Haider al Front National di Le Pen – è un segnale dei cambiamenti sociali e politici avvenuti negli ultimi anni, in gran parte conseguenza della crisi economica e della cattiva gestione della stessa da parte dei Governanti in carica.
Il quasi-fallimento della Grecia e la profonda decrescita che ha colpito i Paesi periferici, oltre ad aver spinto l’intera area verso una fase economicamente 'buia', hanno accresciuto lo scetticismo nel popolo europeo e diminuito la fiducia nei confronti delle Istituzioni continentali e dell’euro, una valuta comune costituita senza una reale unità di intenti da parte dei Paesi aderenti.
Il disagio sociale percepito ha inevitabilmente fatto lievitare i consensi dei partiti ultra-nazionalisti – soprattutto in crescita nell'area politica di estrema destra – facendo diventare consuetudine la ricerca di discontinuità e necessario uno spirito di ribellione, patrimonio delle organizzazioni politiche minori e storicamente di natura extra-parlamentare.
Tuttavia, questa deriva potrebbe avere effetti benefici.
La maggioranza a Bruxelles rimarrà nelle mani del PPE e del PSE e l’avanzata euroscettica compatterà le due realtà spesso in conflitto o comunque alternative, modificando completamente l’agenda politica da qui in avanti.
Le tesi economiche rivalutate nell’ultimo periodo che criticano apertamente la politica di austerity in fase recessiva – quando nel 2011 tali posizioni risultavano minoritarie – spingeranno l’Unione Europea ad agire in senso espansivo, consentendo ai Paesi ancora in difficoltà di uscire con più rapidità dalla crisi, grazie ad un ampliamento degli spazi di manovra.
Ciò sarà concertato con la Banca Centrale Europea pronta ad avallare questa nuova fase propulsiva con strumenti classici e non convenzionali, pur di continuare a garantire liquidità al sistema finanziario, alleggerire il peso delle manovre economiche nazionali, accompagnare le riforme con ciambelle di salvataggio solide, consentire un ampliamento controllato dei deficit locali e accelerare i tempi e le procedure per un’unione bancaria ormai obbligatoria.
Maggiore sarà il consenso ottenuto dai partiti euroscettici e in minore tempo si completerà questo processo di normalizzazione, senza dimenticare che il ritardo con cui si è arrivati a questa scelta è probabilmente la causa principale dell'ampiamento del divario economico tra Europa e Stati Uniti.
Se l'affermazione di questi partiti dovesse essere, invece, più ampia del previsto allora il problema non diverrebbe solo politico ma sociale, ricordando che le derive populistiche a cui si è assistito nel tempo non hanno quasi mai dato avvio a rivoluzioni indolori e di successo, ma ad un giacobinismo inconcludente e spesso dannoso.
Sembra un controsenso per chi considera la deriva anti-euro come un problema rilevante per l’esistenza dell’Unione e la tenuta finanziaria del sistema europeo, ma così non pare essere.
La probabile affermazione dei partiti populisti estremi – dall’inglese Ukip di Farange ai neonazisti ungheresi di Jobbik, dal FPO austriaco fondato da Haider al Front National di Le Pen – è un segnale dei cambiamenti sociali e politici avvenuti negli ultimi anni, in gran parte conseguenza della crisi economica e della cattiva gestione della stessa da parte dei Governanti in carica.
Il quasi-fallimento della Grecia e la profonda decrescita che ha colpito i Paesi periferici, oltre ad aver spinto l’intera area verso una fase economicamente 'buia', hanno accresciuto lo scetticismo nel popolo europeo e diminuito la fiducia nei confronti delle Istituzioni continentali e dell’euro, una valuta comune costituita senza una reale unità di intenti da parte dei Paesi aderenti.
Il disagio sociale percepito ha inevitabilmente fatto lievitare i consensi dei partiti ultra-nazionalisti – soprattutto in crescita nell'area politica di estrema destra – facendo diventare consuetudine la ricerca di discontinuità e necessario uno spirito di ribellione, patrimonio delle organizzazioni politiche minori e storicamente di natura extra-parlamentare.
Tuttavia, questa deriva potrebbe avere effetti benefici.
La maggioranza a Bruxelles rimarrà nelle mani del PPE e del PSE e l’avanzata euroscettica compatterà le due realtà spesso in conflitto o comunque alternative, modificando completamente l’agenda politica da qui in avanti.
Le tesi economiche rivalutate nell’ultimo periodo che criticano apertamente la politica di austerity in fase recessiva – quando nel 2011 tali posizioni risultavano minoritarie – spingeranno l’Unione Europea ad agire in senso espansivo, consentendo ai Paesi ancora in difficoltà di uscire con più rapidità dalla crisi, grazie ad un ampliamento degli spazi di manovra.
Ciò sarà concertato con la Banca Centrale Europea pronta ad avallare questa nuova fase propulsiva con strumenti classici e non convenzionali, pur di continuare a garantire liquidità al sistema finanziario, alleggerire il peso delle manovre economiche nazionali, accompagnare le riforme con ciambelle di salvataggio solide, consentire un ampliamento controllato dei deficit locali e accelerare i tempi e le procedure per un’unione bancaria ormai obbligatoria.
Maggiore sarà il consenso ottenuto dai partiti euroscettici e in minore tempo si completerà questo processo di normalizzazione, senza dimenticare che il ritardo con cui si è arrivati a questa scelta è probabilmente la causa principale dell'ampiamento del divario economico tra Europa e Stati Uniti.
Se l'affermazione di questi partiti dovesse essere, invece, più ampia del previsto allora il problema non diverrebbe solo politico ma sociale, ricordando che le derive populistiche a cui si è assistito nel tempo non hanno quasi mai dato avvio a rivoluzioni indolori e di successo, ma ad un giacobinismo inconcludente e spesso dannoso.
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