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giovedì 29 maggio 2014

M5S & UKIP: affinità elettive



Grillo in Italia non ha mai cercato alleanze ed ha rifiutato, in più occasioni, proposte e accordi operativi perché la rete non lo avrebbe accettato (non del tutto vero!), ma in Europa queste sono fondamentali per non rischiare di perdere peso e consenso politico.

Per creare un gruppo parlamentare europeo bisogna aggregare un numero minimo di 25 deputati (17 sono i grillini a Bruxelles) e rappresentare almeno un quarto degli Stati membri: bisogna, quindi,  trovare deputati di altri sei Paesi dell’Unione ed avere così la possibilità di far nascere un gruppo autonomo.

Ecco il perché dei colloqui di Grillo con l'UKIP (United Kingdom Indipendence Party) di Farage.

Tutto ciò è coerente con le linee guida del M5S? Ogni giudizio deve passare attraverso la rete, come forse sarebbe dovuto accadere per le consultazioni avviate in questi giorni, anche se non pare che Grillo e Casaleggio Jr (da poco lanciato dal padre nel movimento senza passare dalla rete o dalle urne) siano andati a colloquio con Farage con un mandato specifico dei propri elettori.

Farage rispecchia le idee del M5S? Innanzitutto, si tratta di un politico di professione e questo stride con la visione della durata della vita politica parlamentare tanto sbandierata dai grillini (in UK può essere più lunga che in Italia, forse!). Cinquant’anni, attivista nel partito conservatore ai tempi di Major (1992), Farage è un buon stratega politico, capace di affermarsi ad ogni turno elettorale: nel 1999 ottiene tre eurodeputati, nel 2004 scavalca i liberaldemocratici e ottiene dieci parlamentari e nel 2009 si gioca tutto sulla casta e i rimborsi gonfiati dei parlamentari britannici replicando il successo del 2004 con l’Ukip che raggiunge il 16% e scavalcando i laburisti al secondo posto. 

In relazione al tema della casta Ukip e M5S appaiono molto simili, anche se il concetto di politica (costi e gestione) e gli obiettivi finali sembrano differenti.

Ukip e M5S hanno affinità sui temi sociali? Farage cavalca da tempo un altro argomento, dopo la casta, caro alla popolazione: la questione immigrazione. In un paese multietnico come la Gran Bretagna, ma colpito anch’esso dalla crisi economica, l’Ukip ha sparato a zero sugli immigrati causa, a suo dire, della perdita di lavoro di molti inglesi, ha attaccato i laburisti per esser stati troppo “flessibili” e continua ad opporsi all’“invasione” di stranieri, fino a dichiarare di non amare chi in UK parla una lingua differente dall’inglese e che “se un gruppo di romeni si trasferisse alla porta accanto, si sentirebbe a disagio”. Sposato con una tedesca, con figli in possesso della doppia cittadinanza che parlano un’altra lingua in casa e massacrato dai media, ha deciso all'inizio di questa campagna elettorale di modificare parzialmente la sua strategia proponendo una sorta di  “immigrazione qualificata”, quella di laureati di qualsiasi nazionalità e senza “parassiti che rubano posti di lavoro". La deriva xenofoba non svanisce e poco sembra accomunare Farage al M5S, ma molto di più a Grillo e alle sue personalissime idee, dichiarate in passato e poi smussate. 

Ukip e M5S hanno affinità sui temi economici europei? Farage è noto per una serie di invettive anti-austerità e per aver attaccato Van Rompuy, gli “eurocrati”, il governo Monti e il governo greco Samaras,  definiti come “schiavi della Troika”. Questi argomenti si avvicinano a quelli del movimento italiano anche se l’uscita dall’euro è un argomento controverso tra i grillini, divisi tra chi come Grillo vorrebbe abbandonarlo e chi non la rietiene come un'opzione minimamente percorribile.

Ukip e M5S hanno affinità sui temi di politica estera? Farage  era contrario all’ipotesi di attacco alla Siria, ha criticato il suo governo per il sostegno dato ai ribelli estremisti, accusa l’Europa di essere responsabile e di aver fomentato le ribellioni in Siria, Libia e Ucraina e recentemente ha lodato Vladimir Putin per le sue capacità e mire imperialistiche: la confusione delle idee di Farage sembra avere poco in comune con il M5S.

Al di là della necessità per Grillo di trovare alleati in Europa, Farage è un politico di professione che cavalca il consenso e i temi cari alla gente comune, una sorta di populismo più vicino alla Lega che al M5S, ma considerando che l’alternativa è il Front National della Le Pen – alleanza che non avrebbe mai l’appoggio della rete e che rappresenterebbe l'inizio della fine del movimento – allora meglio sondare la disponibilità dell’Ukip, perché meglio allearsi con un partito che rappresenta una nazione che neppure adotta la nostra stessa moneta, piuttosto che fare una lunga e dispendiosa gita a Bruxelles senza neppure poter contare sui rimborsi spese.

lunedì 26 maggio 2014

Elezioni europee in Italia: vincitori e vinti.



Indipendentemente dalla valenza politica, ogni tornata elettorale genera vincitori e vinti.

Mentre in Europa il segnale più importante è rappresentato dalla prevista crescita di consensi dei partiti euroscettici, in Italia la valutazione non può prescindere da un'analisi del cambiamento degli equilibri politici successivo all’insediamento di Renzi come capo del Governo.

Vincitori

PD: il partito del Premier ha conseguito un risultato storico superando la soglia del 40% e ciò gli consentirà di riscuotere un credito di fiducia all’interno del suo partito e probabilmente in Europa, dove la Merkel avrà bisogno di alleati, anche di “colore politico” differente, pur di respingere l’assalto della Le Pen. L’affermazione del PD è ancora più importante se si considera il rischio che il principale partito di maggioranza di un Governo in carica corre nelle elezioni intra-mandato e la forte pressione degli immediati inseguitori, con la marcia in più di chi rincorre.

LEGA: il partito del nord con il suo 6% rappresenta l'affermazione dell’euroscetticismo italiano, grazie ad una campagna elettorale incentrata integralmente sulla questione immigrati e sulla gestione economica della crisi europea, temi cari all’UKIP inglese e al Front National francese. Se numericamente non si tratta di un successo storico, appare rilevante in conseguenza di una connotazione puramente europea.

Vinti

M5S: il movimento guidato da Grillo è lo sconfitto per eccellenza non tanto per la percentuale ottenuta, ma per i propositi sbandierati. Lontani dalla vittoria, doppiati dal PD e in calo di cinque punti rispetto al 2013, i grillini pagano la nuova strategia comunicativa del movimento, fatta di apparizioni televisive improduttive, di aggressioni verbali e soprattutto di scontri politici su temi poco pertinenti. I sostenitori del movimento si dividono: chi lamenta la mancanza di posizioni poco estreme sui temi caldi agli euroscettici e chi disapprova le urla del suo leader, evidenziando le diversità e le incongruenze di un movimento politico e dei suoi elettori.

FI: il partito di Berlusconi prosegue con il suo declino in mancanza di un leader carismatico e in conseguenza della scissione con l’NCD (incapace di conquistare i voti moderati perduti dal centro-destra), dell’assenza di innovazione e di un tira e molla con Grillo - diretto antagonista nella conquista del ruolo di primo inseguitore - che è servito solo a mascherare una povertà di contenuti ormai conclamata.

Per gli altri partiti non si può parlare di vittorie o sconfitte, ma solo di sopravvivenza. Se la lista TSIPRAS riesce a raggiungere il quorum lo deve all’apporto di un concetto e di un’idea politica ampia e realmente europea, mentre in futuro il movimento sarà costretto a riposizionarsi con argomenti e programmi locali non senza rischi ed incognite. Gli altri partiti, invece, sembrano destinati a dover individuare vie alternative per i prossimi anni, quando il bipolarismo potrebbe allontanare dalla politica attiva diverse realtà, oggi in crisi e incapaci di reagire ai cambiamenti, nei personaggi e nelle idee.

Guardando al Parlamento di Bruxelles l’ascesa degli euroscettici costringerà il PPE e il PSE a cooperare, spingerà la Merkel a riproporre all’interno del suo Paese una nuova linea politica ed economica più aperta e meno oppressiva, mentre spetterà a tutte le altre Istituzioni europee l'obbligo di non sottovalutare il messaggio elettorale giunto da più parti e cioè la ricerca di una socializzazione degli obiettivi ed una condivisione degli intenti non più accettabili solo sulla carta, ma necessari per la sopravvivenza di un'idea comune e dei suoi interpreti. 

giovedì 22 maggio 2014

I benefici dell'euroscetticismo



La speranza è che i partiti euroscettici ottengano molti voti, quasi la maggioranza del Parlamento Europeo!

Sembra un controsenso per chi considera la deriva anti-euro come un problema rilevante  per l’esistenza dell’Unione e la tenuta finanziaria del sistema europeo, ma così non pare essere.

La probabile affermazione dei partiti populisti estremi – dall’inglese Ukip di Farange ai neonazisti ungheresi di Jobbik, dal FPO austriaco fondato da Haider al Front National di Le Pen – è un segnale dei cambiamenti sociali e politici avvenuti negli ultimi anni, in gran parte conseguenza della crisi economica e della cattiva gestione della stessa da parte dei Governanti in carica.

Il quasi-fallimento della Grecia e la profonda decrescita che ha colpito i Paesi periferici, oltre ad aver spinto l’intera area verso una fase economicamente 'buia', hanno accresciuto lo scetticismo nel popolo europeo e diminuito la fiducia nei confronti delle Istituzioni continentali e dell’euro, una valuta comune costituita senza una reale unità di intenti da parte dei Paesi aderenti.

Il disagio sociale percepito ha inevitabilmente fatto lievitare i consensi dei partiti ultra-nazionalisti – soprattutto in crescita nell'area politica di estrema destra – facendo diventare consuetudine la ricerca di discontinuità e necessario uno spirito di ribellione, patrimonio delle organizzazioni politiche minori e storicamente di natura extra-parlamentare.

Tuttavia, questa deriva potrebbe avere effetti benefici.

La maggioranza a Bruxelles rimarrà nelle mani del PPE e del PSE e l’avanzata euroscettica compatterà le due realtà spesso in conflitto o comunque alternative, modificando completamente l’agenda politica da qui in avanti.

Le tesi economiche rivalutate nell’ultimo periodo che criticano apertamente la politica di austerity in fase recessiva – quando nel 2011 tali posizioni risultavano minoritarie – spingeranno l’Unione Europea ad agire in senso espansivo, consentendo ai Paesi ancora in difficoltà di uscire con più rapidità dalla crisi, grazie ad un ampliamento degli spazi di manovra.

Ciò sarà concertato con la Banca Centrale Europea pronta ad avallare questa nuova fase propulsiva con strumenti classici e non convenzionali, pur di continuare a garantire liquidità al sistema finanziario, alleggerire il peso delle manovre economiche nazionali, accompagnare le riforme con ciambelle di salvataggio solide, consentire un ampliamento controllato dei deficit locali e accelerare i tempi e le procedure per un’unione bancaria ormai obbligatoria.

Maggiore sarà il consenso ottenuto dai partiti euroscettici e in minore tempo si completerà questo processo di normalizzazione, senza dimenticare che il ritardo con cui si è arrivati a questa scelta è probabilmente la causa principale dell'ampiamento del divario economico tra Europa e Stati Uniti.

Se l'affermazione di questi partiti dovesse essere, invece, più ampia del previsto allora il problema non diverrebbe solo politico ma sociale, ricordando che le derive populistiche a cui si è assistito nel tempo non hanno quasi mai dato avvio a rivoluzioni indolori e di successo, ma ad un giacobinismo inconcludente e spesso dannoso.  

martedì 20 maggio 2014

La rivoluzione (comunicativa) del "Movimento 5 Stelle"



La strategia è cambiata e molto altro cambierà da qui in avanti.

Dopo aver accusato la TV e soprattutto quelle trasmissioni politiche dedite allo scontro-confronto, il M5S ha deciso di concludere la sua campagna elettorale proprio con uno sprint finale via cavo e ha deciso di farlo non con i parlamentari del movimento – che già nelle ultime settimane sono apparsi più frequentemente sul grande schermo bypassando il codice di comportamento per gli eletti che invita ad “evitare la partecipazione ai talk show televisivi” - ma con i suoi due maggiori leader Grillo e Casaleggio.

Il leader silenzioso ha deciso di uscire allo scoperto di fronte alle domande di Lucia Annunziata con importanti novità rispetto alla comunicazione ufficiale del M5S: non proposte ad effetto, ma un discorso logico e fermo. 

Ha parlato di vittoria certa alle prossime elezioni europee e questo non si differenzia rispetto a ciò che fanno i maggiori leader di partito in queste occasioni.

Ha proposto una ricetta operativa per un futuro Governo (con nomi che verranno presentati nel momento opportuno) senza parlare in specifico di proposte e questo non contrasta con la tipica propaganda elettorale, ma neppure con idee già comunque sbandierate negli ultimi due anni attraverso il canale preferito dal movimento e cioè il web.

Ha parlato con l'obiettivo unico di fornire agli italiani un’alternativa tangibile e concreta, soprattutto a coloro i quali rimangono estranei alle tecnicità della rete: è questa la novità più importante e cioè quella visibilità che i tanti simpatizzanti del movimento chiedono da tempo e che gli avversari attendono con ansia, nella speranza di tendere un trabocchetto e mettere un freno ad una crescita di consensi ormai costante.

Alle parole di Casaleggio seguirà la richiesta del M5S di sfruttare il tempo a disposizione per le tribune politiche utilizzando l'intero spazio per trasmettere in diretta la fase conclusiva della manifestazione di venerdì in piazza a Roma, in modo da rendere ancora più rumorosa la "chiamata alle armi" contro la cosiddetta "vecchia politica".

Tuttavia il "coup de théâtre" è arrivato dopo la decisione di Grillo di partecipare alla trasmissione “Porta a Porta” di un impacciato Vespa: un intervento non pacato come quello di Casaleggio ma meno urlato rispetto agli standard, la solita escalation inquisitoria tipica del comico genovese, proposte populistiche in relazione ad un programma ambizioso ma (purtroppo) irrealizzabile in un Paese come l'Italia e la riproposizione del cliché grillino relativo alle malsana politica nostrana.
Indipendentemente dalla modalità di strategia comunicativa utilizzata, il salto di qualità del M5S è giunto non per caso, ma studiato a tavolino con la necessità di reperire voti tra gli indecisi, che potrebbero portare Grillo & Co. ad una vittoria inattesa fino a poco tempo fa.

Si tratta solo del rinnovo del Parlamento di Bruxelles ma segnerebbe, in caso di affermazione del M5S sul PD, un successo non senza conseguenze visto che rappresenterebbe una bocciatura nei confronti di Renzi e del suo operato, seppur ingiudicabile in così poco tempo.

Avrebbero poco senso le richieste di dimissioni del Presidente Napolitano, ma le urne diverrebbero una necessità di medio termine e comunque nei limiti dei tempi per l'approvazione della riforma elettorale.

Per capire se è ormai maturo un percorso di avvicinamento ad un esecutivo marchiato M5S dovremo aspettare ancora poco meno di una settimana, quando riusciremo a scoprire i vantaggi della conversione grillina dalla politica tecnologica verso quella catodica.

venerdì 16 maggio 2014

Mercati - E' arrivata la correzione?



I mercati erano in cerca da settimane di un pretesto per una pausa correttiva ed in una sola giornata sono giunte da più fronti una serie di notizie negative, che hanno spinto gli investitori a vendere consistenti posizioni sugli indici azionari e obbligazionari americani ed europei, con maggiore incisività nei Paesi periferici.

Il dato negativo sul prodotto interno lordo (negativo in Italia, ma sotto le attese nella maggiore parte dei Paesi chiave, ad eccezione della Germania), i conti deludenti di Wal-Mart - che per gli investitori rappresenta il termometro dei consumi americani - dati macro sotto le attese sia sul fronte della produzione industriale che su quello immobiliare e la revisione delle stime di crescita della BCE per il 2014 (appena l’1,1%) hanno dato una spinta verso il basso alle quotazioni azionarie, con un tonfo vicino al -4% per l’indice italiano.

Inoltre, non giovano le prospettive tecniche che molti analisti continuano a sottolineare e cioè correzioni obbligate dopo lunghe salite: è il caso degli indici delle small-cap americane e di alcuni comparti specifici, che seguono di qualche settimana il sentiment negativo in cui è caduto il settore tecnologico statunitense, ad eccezione di brevi e selettivi recuperi.

Anche le incertezze sugli sviluppi della politica monetaria della Banca Centrale Europea sembrano poter alimentare qualche dubbio: l’incognita su come agirà Draghi a giugno e su quali strumenti sceglierà di utilizzare per risollevare la crescita del Vecchio Continente continuano a turbare il mercato valutario e il comparto obbligazionario.

Proprio i bond ieri hanno subito un forte scossone non tanto per la pubblicazione negativa del Pil europeo, ma dopo alcuni rumors provenienti dalla Grecia, con il rischio di una potenziale crisi di governo in considerazione di sondaggi che vedono i partiti della coalizione, in particolare il Pasok, in crollo verticale.

Ciò ha spiazzato quegli investitori che nelle ultime settimane avevano preferito aumentare il rischio dei propri portafogli con l’inserimento di titoli portoghesi ed ellenici (con interessi molto elevati) in considerazione di rendimenti minimi nei Paesi core (Francia e Germania) 

Difficile credere che si tratti di una correzione duratura, ma perché uno storno sia tecnicamente salutare e conseguentemente meno pericoloso è necessario che il movimento sia direzionale e che la volatilità cresca nei limiti. Infatti, è importante che quest’ultima non diventi troppo elevata e che elementi endogeni e strutturalmente rilevanti in termini macro-economici non la alimentino in maniera pericolosamente eccessiva.

mercoledì 14 maggio 2014

Revisionismo berlusconiano o complotto internazionale?



Il revisionismo è una pratica utilizzata per consentire di riscrivere controverse pagine di storia in tempi diversi rispetto agli accadimenti analizzati e con quella sorta di astrazione critica con cui pare difficile valutare alcuni episodi a caldo; oggi in Italia si prova a fare lo stesso con eventi accaduti meno di tre anni fa.
E’ il caso della nuova teoria complottistica anti-berlusconiana che infiamma il partito dell’ex-premier e pochi altri. Il riferimento è a ciò che accadde nel 2011 e il cosiddetto “inganno dello spread”. Proviamo a fare un po’ di ordine con date e avvenimenti.
Nel 2011 la crisi economica si acuisce e a farne inizialmente le spese è la Grecia con un default pilotato: la borsa ellenica perde in pochissimo tempo oltre il 50% della sua capitalizzazione, i bond diventano carta straccia, l’Europa si dimostra incapace di gestire la situazione imponendo percorsi rigidi, il FMI e le altre Autorità monetarie non riescono a frenare la caduta e gli speculatori fanno il resto mettendo in ginocchio un intero Paese.
Poco dopo le attenzioni dei mercati si concentrano su Spagna e Italia ed a quest’ultima viene richiesto un impegno concreto e urgente sulla vie delle riforme e di riconquistare una credibilità politica ed economica fortemente messa a rischio.
Nel nostro Paese la crisi si accentua, molte aziende non riaprono al termine di quella terribile estate e l’UE mette il Presidente del Consiglio con le spalle al muro: agire immediatamente o farsi da parte.
Ad ottobre Merkel e Sarkozy e gli altri membri dell’Unione rifiutano il suggerimento americano di accedere agli aiuti del FMI, costringono il nostro Paese ad evitare il commissariamento, ma considerano insufficiente la risposta italiana, anche in considerazione di una maggioranza che scricchiola e perde un pezzo alla volta.
Dopo il G20 di Cannes del 3 novembre dove l’Italia viene umiliata e quasi spinta tra le braccia del FMI dalla maggior parte dei rappresentanti, le sorti di Berlusconi appaiono segnate e il voto sul rendiconto di Bilancio (con un risicato 308 in Senato, con la famosa conta degli 8 traditori) apre la crisi di Governo con le successive dimissioni. In quei giorni caldi lo spread raggiunge il massimo di sempre (548) e da lì in poi inizia una lunga e progressiva discesa che permette all’Italia di uscire dal centro della crisi.
Oggi, le parole di Geithner non dicono niente di più di quello che tutti conoscono, ma se male interpretate possono essere usate in maniera inopportuna. Non ci fu alcun complotto ma solo la minaccia di un commissariamento, non a voce unica da parte dell’UE o degli Stati Uniti ma collegialmente da chi aveva compreso la gravità della situazione, invece non intesa dall’esecutivo Berlusconi.
E’ per questo che Usa ed Europa preferirono interloquire direttamente con Napolitano, il quale dopo aver preso in mano la situazione concordò con lo stesso Berlusconi la sua uscita di scena e l’inizio del Governo Monti, tanto è vero che proprio il Cavaliere nei giorni successivi alle dimissioni provò a convincere anche gli alleati della Lega a sostenere il nuovo esecutivo.
Non si è trattato di niente di poco trasparente o di nascosto e neanche lo spread può essere definito un inganno per diversi motivi. In primo luogo, è stato commercialmente utilizzato per dare una fotografia della crisi e solo perché si trattava del migliore elemento utile a misurare l’incapacità di uno Stato di essere solido e solvibile nel breve periodo.
In secondo luogo, non si tratta di uno strumento speculativo e condizionabile perché coinvolge il movimento di molti miliardi di titoli di Stato, difficilmente manipolabili a livello globale come invece può accadere con gli indici azionari, che in fase di crollo presentano minime quantità negoziabili con prezzi immediatamente soggetti a oscillazioni violente e incontrollate.
Se oggi si vuole riscrivere quella dolorosa fase storica, forse qualcuno farebbe bene ad assumersi le colpe di quei pericolosi mesi di ritardo prima di cedere alle dimissioni, invece di ritenere che mani forti usassero i mercati, lo spread e quant'altro  per oscurare la risolutezza di un leader inesorabilmente dimezzato di fronte agli occhi del mondo.
Analizziamo, invece, in breve quello che accadde dopo e come l’Italia riuscì ad uscire da quel pantano: il Governo Monti contribuì a riportare credibilità al nostro Paese e le misure prese - seppur dolorose per i contribuenti - aiutarono a tamponare l’emorragia finanziaria, poi l’insediamento di Draghi fece il resto con le due fasi dell’LTRO e il discorso del luglio 2012 quando garantì un paracadute illimitato ai mercati, fino alla normalizzazione dell’Italia che, se a molti non è andata giù in termini di equilibri politici, è comunque garanzia all'esterno di un percorso di rinnovamento, anche se ancora troppo lento e non profondamente incisivo.
Non c’è la necessità di rivisitazioni, ma l'esigenza di proiettare i sacrifici fatti in passato verso un futuro che oggi non appare ancora del tutto roseo ma soggetto ancora a stravolgimenti, quelli che in alcuni casi sono dannosi o inconsistenti e quasi sempre garanzia di ingovernabilità e degrado sociale. 

sabato 10 maggio 2014

Il saluto del "Capitano" - #JZ4Ever



È la serata del 'Capitano' dell'Inter che, pur non scendendo in campo sin dall'inizio, in meno di 45 minuti ha lasciato l'ultima illuminante e splendente scia sul prato di S.Siro. 

Ha dimostrato ancora una volta la sua integrità e la sua professionalità rispondendo a chi come il suo allenatore ha preferito e preferisce fare a meno delle sue qualità tecniche e umane da qui in avanti.

Ma non è la sede per giudicare la guida tecnica, le scelte di oggi e di domani della società, ma la grandezza del 'tractor'.

Proprio così è soprannominato Javier Zanetti perché le sue serpentine hanno sempre ricordato i metri macinati dai trattori sui campi, seminando uno dopo l'altro avversari su avversari. 

Di Zanetti si ricorda la sua estrema professionalità, la sua onestà in campo e una carriera senza macchie, coronata dalla splendida vittoria del 'triplete' nel 2010.

Dagli interisti, inoltre, sarà ricordato per i kilometri macinati, per i tanti ruoli coperti in campo, per un fisico impressionante che lo ha portato a correre fino a quaranta anni, per le dolorose sconfitte ma anche per vittorie impensabili.

Una delle ultime bandiere di questo sport non lascia sul campo l'amore viscerale per i colori nerazzurri perché continuerà a difenderli anche se non più in calzoncini corti e scarpette da calcio, ma il segno di una carriera che sia un esempio per tutti.

Per i giovani che si avvicinano a questo sport e per le società calcistiche in modo che investano sull'integrità prima che sulla qualità dei propri giocatori.

Per tutto questo, grazie Capitano!

venerdì 9 maggio 2014

Economia & Mercati - "Unconventional Uptrend"



I mercati nelle ultime settimane sono apparsi piuttosto stanchi e poco inclini alla salita, nonostante le cattive notizie fossero minime e le occasioni di discesa limitate.

E’ arrivato, in effetti, il periodo primaverile delle “prese di beneficio” dopo un inizio d'anno scoppiettante - soprattutto nei Paesi periferici - ed un 2013 di rilevanti guadagni, ma neppure gli accadimenti incerti provenienti dall’Ucraina hanno agevolato un costante calo delle quotazioni azionarie.

Inoltre, neanche i dati deludenti relativi alla crescita del colosso cinese, ormai prossimo a superare ai vertici mondiali gli Stati Uniti in termini di Pil, hanno promosso un flusso consistente di vendite.

Indipendentemente da ciò che accadrà nel breve, le previsioni sull’andamento dei mercati rimangono per la maggior parte degli analisti più che positive per il 2014.

Tuttavia, una crescita globale numericamente inferiore alla media degli anni boom del 2000 poca tranquillità lascia a chi è costretto ad operare su livelli degli indici vicini ai massimi di sempre.

In mezzo a tanta incertezza, esiste solo un elemento capace di scongiurare l'inizio di un trend negativo dei mercati duraturo e nello stesso tempo sostenere un’accelerazione e cioè il combustibile artificiale delle Banche Centrali.

Ha iniziato la Federal Reserve garantendo tassi bassi e sostegno ben oltre la modesta ripresa economica e la piena reale occupazione (il tasso di 6.3% attuale è un dato ottimale, ma non del tutto considerando il basso livello di partecipazione al mercato del lavoro degli americani, ormai rinunciatari dopo la crisi dell’ultimo triennio) a cui è seguito il discorso di Draghi, che ha sottolineato la possibilità di utilizzare in giugno “unconventional instruments” pur di riportare l’economia europea in carreggiata.

Nonostante l’intenzione della Bce fosse rivolta a calmierare il rafforzamento dell’euro per non penalizzare l’export dell’area, ciò ha favorito ancora di più i mercati alimentando di fatto un “unconventional uptrend” più che consistente.

Probabilmente da qui in avanti assisteremo a correzioni stagionali ma non preoccupanti, in una palude economica incerta e pronta ad infiammarsi improvvisamente, grazie a “fuochi fatui” alimentati dalle Banche Centrali senza soluzione di continuità.

giovedì 8 maggio 2014

Comunicazione in 'Dissolvenza'



Come riuscire a spiegare alcuni fenomeni della comunicazione moderna?

Con la Dissolvenza, una sorta di nuova e immaginaria figura retorica con cui si decide di sostituire, in maniera apparentemente impercettibile ma costante fino alla trasmutazione completa, se stessi con una sembianza: una sorta di rappresentazione di ciò che non si è, ma che lentamente si crede di poter essere o divenire.

Così nascono le maschere, indossate per 'purificare' la comunicazione e cancellare le distanze, in modo da non concedere alcun vantaggio all'interlocutore e per non dover affannarsi a rincorrere e quindi non dover sfigurare.

Se la maschera serve per camuffare parzialmente le emozioni visive, l’abito è utile ad ornare l'illusione che le avvolge. Si ottiene con la falsità delle parole e con le dissimulazioni.

Si vive un’essenza parallela, almeno per una volta, in cui la menzogna diviene realtà (virtuale), nella quale non è più necessario fingere per e di se stessi, diventando, poi, all’esterno alternativi alla propria immagine.

E’ uno scambio di ruoli che si vive quotidianamente dai rapporti lavorativi fino a quelli più personali.
E' la conseguenza dei cambiamenti, di mutamenti tecnologici e inter-relazionali.
E' la chiave che permette di accedere a file nascosti, ignoti a noi stessi o volutamente accantonati.

Ne derivano comportamenti insoliti, conoscenze impreviste e relazioni comunicative complesse: la negazione dell’apparenza prima del pensiero.

La Dissolvenza, però, svela in conclusione l'enigma e dilapida il vantaggio dell’ignoto, lasciando forse delusione e ambiguità. E’ per questo che in alcuni casi essa non si manifesta volutamente ma rimane tronca, in un misterioso e impercettibile gioco di Immaginazione.

Impossibile non essere d’accordo: lo scopo della retorica è la Persuasione.

lunedì 5 maggio 2014

Il calcio nel "pallone": una crisi nata nel lontano 2002 e mai risolta.



“Se questo è il calcio meglio chiudere”, “non si può essere ostaggio delle curve” e “lo Stato non deve piegarsi di fronte ad un centinaio di criminali”!

Tutto vero (o quasi), ma quanta ipocrisia.

Il calcio italiano sta attraversando uno dei periodi più bui della sua storia, iniziato intorno al 2002 con il fallimento di gloriose società, con controverse decisioni da parte delle Autorità competenti, con i successivi ripescaggi e con la nascita dell'offerta calcio per le pay-tv, che hanno di fatto creato una spaccatura profonda tra la serie A e le serie minori: le squadre della prima categoria hanno ricevuto benefici dalla vendita dei diritti, mentre le seconde sono state costrette a dividersi le briciole con un “prodotto calcio” che in provincia è divenuto in poco tempo meno appetibile e estremamente costoso (stadi, biglietti, ingaggi e oneri indiretti).

A questo si sono aggiunte le note vicende di “Calciopoli” e gli intrecci internazionali relativi al calcio-scommesse dalle serie minori – costrette a compensare i mancati introiti con illegali e poco etiche pratiche pseudo-calcistiche - fino al coinvolgimento di importanti club e di ex-calciatori, per concludere con la rinnovata visibilità richiesta ed ottenuta dalle tifoserie dopo gli episodi di Catania (la morte dell’ispettore Raciti), la vicenda della finta morte di un bimbo prima del derby Roma-Lazio, le maglie dei giocatori del Genoa consegnate alla curva e, in ultimo, la "trattativa" della finale di Coppa Italia a cui si è recentemente assistito.

Tutti episodi che hanno un elemento comune: la fragilità di chi gestisce direttamente o indirettamente l’industria calcistica.

In primis le società che per anni hanno concesso privilegi consentendo la creazione di mini aziende occulte capaci di gestire i biglietti per gli accessi negli stadi, le coreografie, le trasferte e il reimpiego dei ricavi nel commercio di droga e di attività di riciclaggio.

In secondo piano, la Federazione che ha finto cambiamenti ai vertici per poi mantenere uno ‘status quo’ che ha consentito il rafforzamento economico delle società a maggiore visibilità nazionale, tralasciando quegli aspetti sociali che nella maggior parte d’Europa sono garantiti ormai da tempo.

La crisi, poi, ha piegato i bilanci e la ‘mala gestio’ delle aziende di primo piano ha fatto il resto, allontanandole da quel rapporto di controllo che vi era inizialmente con le sub-aziende occulte.

Ciò ha potenziato il ruolo degli Ultras, a cui le stesse proprietà hanno delegato il dialogo con il resto del “mondo calcio”.

Ecco perché non può bastare un annuncio dagli altoparlanti dello stadio, una notizia ufficiale rilasciata da un’agenzia di stampa (oggi che dallo stadio si può accedere ad internet con qualsiasi telefonino!) per spiegare quanto accaduto nelle strade nei pressi dello Stadio Olimpico e per smorzare la tensione nata da un passaparola provocatorio, falso e pretestuoso: bisogna chiedere il consenso finale ai proprietari-ombra del calcio nostrano, con ossequio e garbo.

Allora meglio far calare il sipario su questo triste spettacolo? Non esiste una risposta esatta, ma solo ipotetiche soluzioni: leggi sicure con pene severe, ristrutturazione degli stadi, azionariato diffuso, tetto agli ingaggi e gestione dei diritti commerciali collettivi?

Forse, ma ciò che manca è la cultura dello sport, quella che latita sin dai primi approcci con questo mondo: per capirlo basta assistere ad una partita tra ragazzini di dieci anni e comprendere come sia impossibile imparare da chi, dagli spalti, non è in grado di dare qualche buon insegnamento ma solo cattivi esempi.

venerdì 2 maggio 2014

Sell in may and go away?



La Federal Reserve lo aveva sottolineato mercoledì motivando la decisione di continuare a tagliare gli acquisti di Treasury (scesi da inizio anno da 80 a 45 miliardi di dollari al mese) con una ripresa economica in costante miglioramento.
Conferme erano pervenute dalla pubblicazione degli indici relativi allo stato di salute dell’industria manifatturiera, dalla fiducia di imprese e consumatori e dalla rinnovata propensione delle Corporate statunitensi ad avviare una nuova stagione di M&A con acquisizioni volte a rinsaldare il ruolo di leader a livello mondiale in diversi settori di interesse (ad esempio Pfizer nel pharma e GE nell’energy).
L’unica sorpresa negativa era giunta dal Pil trimestrale (+0.1%) con un dato, comunque ancora preliminare,  molto distante dalle stime degli analisti superiori al punto percentuale, ma il mercato ha interpretato ciò come naturale conseguenza della cosiddetta “frozenomics” e cioè dei rigidi fenomeni metereologici che hanno condizionato negativamente la crescita nella prima parte dell’anno.
Oggi, il forte dato sulla disoccupazione (288.000 posti di lavoro creati in un mese e tasso di disoccupazione al 6.3%) rappresenta il giudizio finale: l'ennesimo banco di prova superato dall'economia a stelle e strisce che apre le porte a qualche interpretazione.  

Dopo questa lunga sfilza di dati, mediamente più che incoraggianti in America come anche in Europa, l’asticella sembra essere sempre più alta e da qui in avanti sarà più facile rischiare di disattendere le attese dei mercati e un po’ più difficile proseguire il trend positivo in atto senza il sostegno costante delle Autorità monetarie, anche se sempre riattivabile nel lungo periodo, ma forse meno efficace e forse improduttivo nelle fasi più intense della crescita.
Inoltre, si avvicinano quei mesi caratterizzati da alta volatilità, in cui le prese di beneficio e le rotazioni settoriali a volte colgono di sorpresa anche i più navigati investitori e in cui gli elementi esogeni assumono stranamente un contorno più preoccupante e ingigantire le conseguenze diviene una sorta di normale consuetudine.
Dalla Russia agli Emergenti passando attraverso l’esito incerto - probabilmente con una più che discreta affermazione dei partiti euroscettici su quelli tradizionali - delle elezioni nel Vecchio Continente potrebbero giungere i rischi più rilevanti, quelli che le Banche Centrali non riescono a prevenire o smorzare all’improvviso, il cui corso è spesso salutare, purché limitato nel tempo.
D’altronde, le statistiche ci insegnano che non è impossibile immaginare il comportamento dei mercati nel mese di maggio.