E’ notte fonda e fa molto freddo, io non lo avverto ma lo intuisco dai movimenti di mia mamma: continua a tremare come una foglia nonostante sia estate, infreddolita dalla brezza marina. In più, da diverse ore siamo sballottati su questa specie di barca, la stanchezza è tanta e Lei è tanto preoccupata per Me.
Vorrei poterla rassicurare, ma non riesco. Mio padre non è qui con noi, ma ci aspetta a riva o almeno è quello che continua a ripetere la mamma. Per non fare caso a questo fastidioso dondolio cerca di parlare con me, di pensare ai nonni ormai lontani mille miglia e di immaginare la sua nuova vita.
Il mare è sempre più grosso ed inizia a piovere con forza. Ci aiutano dei signori che parlano una lingua sconosciuta: sollevano un telone spesso e coprono quasi completamente un lato della barca in cui si stringono donne e bambini. I modi non sono certamente gentili, ma probabilmente godiamo di qualche privilegio visto che a noi riservano il posto migliore.
Questo tranquillizza la mamma, impaurita ad ogni movimento scomposto dell’imbarcazione e ad ogni spintone che giunge dal gruppo ammassato accanto a noi. Ci consigliano di dormire perché ci vorrà del tempo prima di arrivare, ma solo qualche bimbo cede alla stanchezza chiudendo gli occhi e poggiando il capo a terra.
Quando mi accorgo delle sue lacrime provo a darle conforto, in qualche modo, con la mia "presenza" e Lei lo comprende all'istante. Non smette di piangere, ma sento che la sua paura si sta trasformando lentamente in speranza. Non è sola, ha me e questo adesso le basta. E’ più tranquilla e sente il bisogno di rilassare il suo stanco e appesantito corpo, gli occhi si socchiudono.
I sogni si confondono con la realtà e una luce da lontano squarcia il buio della notte: una sirena emette un suono assordante e all’interno del barcone inizia lo scompiglio.
Gli stranieri dalla lingua incomprensibile gettano qualcosa in mare e scappano verso la prua, mentre le donne rimangono immobili su indicazione degli uomini presenti a bordo, che ormai continuano a sbracciarsi in direzione del faro luminoso. Dura poco più di cinque minuti la frazione di tempo dal "risveglio" all’attracco.
La mamma ascolta la voce dei signori col megafono e qualcosa le pare familiare: è la lingua che papà aveva provato a comprendere in televisione nei mesi scorsi ripetendo frasi di continuo in "italiano" con amici e parenti. Tutti si muovono, tranne Lei: pensa ai brutti momenti trascorsi mesi fa all’annuncio della scomparsa di sua sorella e del mio cuginetto in condizioni analoghe alle nostre e questo basta per bloccare qualunque suo muscolo e ogni tipo di intenzione.
Dopo qualche istante ed un giramento di testa Lei comprende la necessità di dover riuscire a comunicare a qualcuno la sua preoccupazione, ma riacquista presto le forze ed attende in fila con inspiegabile calma.
Mi stringe forte a sé avviandosi lentamente verso la Terra ferma. Arrivata sulla spiaggia si china stremata, ma felice di poter osservare il sole sorgere all’orizzonte del nuovo mondo. Si guarda intorno nella speranza di vedere il volto di papà, ma è un movimento incondizionato che non riceverà risposta.
Mi accorgo di essere ormai pronto e di voler abbracciare la mia mamma: ho bisogno di Lei e Lei di Me. Spingo forte e aspetto che il resto venga da sé.
Sono nato all’alba di una fredda mattina di luglio, molti sostengono in Terra straniera. Contrariamente a molti miei "fratelli" sono riuscito a conoscere dal vivo questo Paese e già ne sono innamorato.
Ho un solo desiderio: che questo Amore possa essere presto ricambiato.
Vorrei poterla rassicurare, ma non riesco. Mio padre non è qui con noi, ma ci aspetta a riva o almeno è quello che continua a ripetere la mamma. Per non fare caso a questo fastidioso dondolio cerca di parlare con me, di pensare ai nonni ormai lontani mille miglia e di immaginare la sua nuova vita.
Il mare è sempre più grosso ed inizia a piovere con forza. Ci aiutano dei signori che parlano una lingua sconosciuta: sollevano un telone spesso e coprono quasi completamente un lato della barca in cui si stringono donne e bambini. I modi non sono certamente gentili, ma probabilmente godiamo di qualche privilegio visto che a noi riservano il posto migliore.
Questo tranquillizza la mamma, impaurita ad ogni movimento scomposto dell’imbarcazione e ad ogni spintone che giunge dal gruppo ammassato accanto a noi. Ci consigliano di dormire perché ci vorrà del tempo prima di arrivare, ma solo qualche bimbo cede alla stanchezza chiudendo gli occhi e poggiando il capo a terra.
Quando mi accorgo delle sue lacrime provo a darle conforto, in qualche modo, con la mia "presenza" e Lei lo comprende all'istante. Non smette di piangere, ma sento che la sua paura si sta trasformando lentamente in speranza. Non è sola, ha me e questo adesso le basta. E’ più tranquilla e sente il bisogno di rilassare il suo stanco e appesantito corpo, gli occhi si socchiudono.
I sogni si confondono con la realtà e una luce da lontano squarcia il buio della notte: una sirena emette un suono assordante e all’interno del barcone inizia lo scompiglio.
Gli stranieri dalla lingua incomprensibile gettano qualcosa in mare e scappano verso la prua, mentre le donne rimangono immobili su indicazione degli uomini presenti a bordo, che ormai continuano a sbracciarsi in direzione del faro luminoso. Dura poco più di cinque minuti la frazione di tempo dal "risveglio" all’attracco.
La mamma ascolta la voce dei signori col megafono e qualcosa le pare familiare: è la lingua che papà aveva provato a comprendere in televisione nei mesi scorsi ripetendo frasi di continuo in "italiano" con amici e parenti. Tutti si muovono, tranne Lei: pensa ai brutti momenti trascorsi mesi fa all’annuncio della scomparsa di sua sorella e del mio cuginetto in condizioni analoghe alle nostre e questo basta per bloccare qualunque suo muscolo e ogni tipo di intenzione.
Dopo qualche istante ed un giramento di testa Lei comprende la necessità di dover riuscire a comunicare a qualcuno la sua preoccupazione, ma riacquista presto le forze ed attende in fila con inspiegabile calma.
Mi stringe forte a sé avviandosi lentamente verso la Terra ferma. Arrivata sulla spiaggia si china stremata, ma felice di poter osservare il sole sorgere all’orizzonte del nuovo mondo. Si guarda intorno nella speranza di vedere il volto di papà, ma è un movimento incondizionato che non riceverà risposta.
Mi accorgo di essere ormai pronto e di voler abbracciare la mia mamma: ho bisogno di Lei e Lei di Me. Spingo forte e aspetto che il resto venga da sé.
Sono nato all’alba di una fredda mattina di luglio, molti sostengono in Terra straniera. Contrariamente a molti miei "fratelli" sono riuscito a conoscere dal vivo questo Paese e già ne sono innamorato.
Ho un solo desiderio: che questo Amore possa essere presto ricambiato.
Sarà felice questo bimbo "italiano"?
RispondiEliminaPiù di molti altri bimbi e meno di altri
RispondiEliminaMolto particolare il modo di raccontare un'odissea attraverso gli occhi di un bambino ancora nel grembo materno. (una domanda sorge spontanea: ne sarà innamorato davvero?)
RispondiEliminaLa libertà e la speranza sono l'essenza dell'amore, quella di un incosciente neonato. Poi col tempo (quanto?) tutto scema! Grazie Lisa
Elimina