Il crowdfunding - o finanziamento collettivo - è una sorta di progetto collaborativo di un gruppo di persone che utilizza personali somme di denaro per sostenere solidalmente gli sforzi di persone e organizzazioni. È una vera e propria pratica di micro-finanziamento che proviene dal basso e che mobilita persone e risorse: si può riferire a iniziative benefiche, al sostegno ad attività culturali, fino all’impresa innovativa e alla ricerca scientifica.
Ho incontrato il dott. Gianfranco Gianfrate di “iStarter”, un incubatore italiano concepito per raccogliere idee innovative e trasformarle in impresa di successo, per discutere dell’argomento.
Buongiorno dott. Gianfrate, il crowdfunding è spesso utilizzato per promuovere l'innovazione e il cambiamento sociale, abbattendo le barriere tradizionali dell'investimento finanziario. Ritiene sia lo strumento ideale per liberare idee vincenti spesso accantonate in conseguenza degli eccessivi rischi legati al territorio e alla disponibilità finanziaria?
Potenzilamente si. Il crowdfunding è uno strumento che potrebbe rivoluzionare i tradizionali canali di finanziamento delle imprese innovative, soprattutto perchè consente di abbattere le barriere geografiche. Gli studi sul venture capital mostrano che la prossimità geografica ha un ruolo fondamentale nella scelta delle imprese da finanziare: in media la distanza tra venture capitalist e società finanziata è di 100 kilometri. Il venture capital ha bisogno di essere fisicamente vicino e in costante contatto con l’imprenditore, quindi difficilmente finanzia start-up localizzate in aree molto distanti. Con il crowdfunding al contario la vicinanza fisica tra investitore e progetto in cui investire non è un requisito necessario, per esempio una start-up in Italia potrebbe tranquillamente raccogliere finanziamenti dal Canada o dall’Australia. Ovviamente il crowdfuning di per sè non fa miracoli: l’idea deve essere davvero valida e presentata in modo appealing sulla piattaforma di crowdfunding. Proprio la quasi completa assenza di barriere, significa anche che la competizione diventerà sempre più accesa e arriverà da Paesi e aree geografiche prima ai margini di questo mercato. Quindi il crowdfuning è un nuovo canale per il finanziamento dell’innovazione, ma non sarà semplice organizzare una campagna di raccolta fondi di successo, anche per imprenditori con buone idee.
Il crowdfunding nasce in America ma si diffonde velocemente in Europa. Come viene disciplinato in Italia?
In Italia, a differenza di altri ambiti, siamo stati molto veloci e tra i primi al mondo a dotarci di una normativa sulla forma più interessante del crowdfunding, ovvero quella equity-based che consente di fatto di diventare azionisti della società finanziata. Ci sono già diverse piattaforme attive, quindi il mercato é partito. Se un appunto può essere fatto alla normativa è che la possibilità di accedere a questo canale è riservato a imprese “innovative” dove l’aggettivo sembra indicare un vincolo a imprese che operano nei settori tecnologici. Ora, in un Paese come il nostro la cui creatività è legata a settori della manifattura tradizionale come la moda o l’arredamento, questo significa che imprenditori italiani con buoni progetti “old economy” potrebbero essere tagliati fuori da questo canale, o perlomeno dalle piattaforme regolate in Italia.
Si può, quindi, dire che il crowdfunding ha un naturale sbocco nell’ambito tecnologico. E’ di sua pertinenza esclusiva o applicabile a realtà differenti ed a dimensioni aziendali più ampie e quindi utile a ravvivare l’apparato industriale nostrano post-crisi?
Per il momento il crowdfunding riesce a raccogliere in media finanziamenti di ammontare relativamente piccolo: in genere per le imprese tecnologiche si tratta si va nella fascia dei 100.000-500.000 euro, quindi il minimo necessario per effettuare i primi passi e magari per costruire un prototipo in modo da poter bussare alla porta di altri finanziatori con le spalle più larghe per finanziare gli stadi successivi. Bisogna dire, però, che in almeno un paio di casi progetti di crowdfunding hanno raccolto finanziamenti di ammontare superiore ai 10 milioni di dollari negli USA. Dobbiamo vedere come il mercato evolverà, ma a breve-medio termine dubito che il crowdfuning possa risolvere i problemi delle PMI italiane, ma certamente potrà consentire la nascita di alcune nuove imprese che altrimenti non nascerebbero per assenza di finanziatori.
A quanto ammontano le somme raccolte in Italia negli ultimi anni e quali sono le prospettive per il futuro?
Purtroppo attualmente non ci sono statistiche affidabili sul comparto, ma credo che al momento in Italia siano transitati attraverso questo canale non più di 3-4 milioni di euro. Poi per sua natura questo strumento si presta poco alle classificazioni geografiche. Il mese scorso ho personalmente finanziato tramite crowdfunding Chupamobile una società basata a Londra che si é finanziata con successo su una piattaforma inglese. I tre fondatori però sono italiani. Questo indica che il mercato per i talenti é internazionale e senza barriere, il crowdfunding abbatte molte barriere ma le prospettive per l’imprenditoria italiana e per il successo di questo canale dipendono da altri fattori di contesto, fiscali e normativi su cui c’é moltissimo da fare. Sono convinto che il crowdfunding giocherà un ruolo centrale nella finanza, che l’Italia sia in grado di cogliere appieno le opportunità di questo canale é un altro paio di maniche.
Ci può descrivere brevemente un caso di successo di crowdfunding?
Pochi giorni fa ho conosciuto Mac Bishop un ragazzo americano poco più che ventenne che ha brevettato uno speciale sistema di filatura della lana che consente di creare una fibra sottilissima che nei tessuti ha alcuni vantaggi incredibili: non si stropiccia, non si sporca e non trattiene gli odori. Ha indossato una camicia fatta con questo filato per diversi mesi senza mai lavarla e ha creato un video in cui andando in giro per le strade di New York chiedeva ai passanti di annusare la sua camicia: nessuno sentiva odori particolari e tutti rimanevano esterrefatti quando venivano a sapere che era stata usata per mesi senza essere mai lavata. Con questo video Mac ha aperto una campagna di crowdfunding con l’obiettivo di raccogliere 30.000 dollari per creare la sua impresa. In pochi giorni ne ha raccolti 315.000. Ora la sua società, Wool&Prince sta vendendo in tutti gli USA con grande successo.
Qual è l’iter operativo per un investimento tramite crowdfunding, quali sono ritorni possibili in termini percentuali e in che lasso di tempo?
La campagna di per se é molto semplice: si prepara la descrizione del progetto imprenditoriale, magari con un video, si individua l’ammontare di finanziamento richiesto e si indica cosa riceveranno in cambio i finanziatori. Si va dal prodotto realizzato dalla start-up nel caso di schemi reward-based ad azioni della società nel caso di progetti equity-based. Questo materiale viene poi presentato su una piattaforma specializzata dove si raccolgono le offerte dai potenziali investitori pervenute entro la data prefissata per la chiusura della campagna. Se l’obiettivo di raccolta é raggiunto, i fondi vengono effettivamente “transati” dalla piattaforma, che trattiene per sé una fee, e inviati all’imprenditore. Per quanto riguarda i ritorni é ancora troppo presto per dirlo vista la novità del fenomeno.
Quali sono i rischi per i micro investitori di una start-up tramite crowdfunding?
I rischi sono altissimi: si tratta di un investimento in idee e progetti innovativi. Solo persone con un portafoglio personale ben diversificato e in grado di capire e valutare i progetti proposti dovrebbero investire in crowdfunding.
Gli istituti finanziari cosa possono fare per il crowdfunding?
Meglio che non facciano niente. Il crowdfunding nasce proprio dalla necessità di aprire e liberalizzare il finanziamento dell’innovazione bypassando gli istituti specializzati (e soprattutto il venture capital). E’ in termine tecnico una forma di “disintermediazione”. Ma dal finanziamento del prototipo o del progetto iniziale alla costruzione di un’impresa matura magari anche di grandi dimensioni ci sono diversi stadi di finanziamento: gli istituti finanziari tradizionali dovrebbero limitarsi a fare bene il proprio il lavoro negli stadi successivi. Sarebbe già una grande conquista se le banche italiane facessero il proprio lavoro senza entrare in ambiti che non hanno le competenze per capire e gestire.
Concludo ringraziando il dott. Gianfrate per il prezioso contributo e le chiedo se ritiene che possano nascere a breve nuove forme di investimento simili al crowdfunding, ma ancora più innovative?
Lo spero. Nonostante il crowdfuning, il peer-to-peer lending e la microfinanza il mondo é ancora pieno di persone di talento con idee innovative che faticano a trovare risorse finanziarie per i propri progetti imprenditoriali.